Prove di regime? (Parte II), di Luigi Piga

In queste ultime settimane si parla pressochè ogni giorno delle pressioni sull’Italia provenineti dai vertici europei affinchè il nostro Governo intraprenda delle misure strutturali al fine di riacquistare la credibilità che anno dopo anno abbiamo perso. Questa credibilità mancante è la causa della sfiducia dei mercati e, di conseguenza, il rialzo dei rendimenti richiesti per l’acquisto dei nostri titoli di Stato. Maggiori rendimenti significano maggiori interessi passivi da ripagare. Maggiori interessi passivi, portati all’estrema conseguenza, equivalgono al rischio default. L’evenutuale default italiano avrebbe conseguenze devastanti sull’intera Unione Europea, politica ancor prima che monetaria.
 
Ecco perchè, in estrema sintesi, la BCE (che non è altro che una parte di quei mercati scorbutici) invoca misure delle quali si parla da anni e mai si realizzano. Magari le riforme necessarie si abbozzano, salvo vederle impietosamente arenarsi nei cassetti delle commissioni parlamentari di riferimento. Di tutti gli argomenti in ballo negli ultimissimi giorni, ad esempio, hanno catturato l’attenzione le misure raccomandate per il mercato del lavoro: “un’accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti“. Il Governo gradisce ma, forse, ignora che un sistema simile debba prevedere ammortizzatori sociali molto dispendiosi e, soprattutto, strutturali, persistenti. Non una semplice cassa-integrazione in deroga, che essendo in deroga non ha nulla di strutturale, ma un vero e proprio salario minimo, uno strumento che in Francia esiste dal 1950, opportunamente perfezionato nel corso degli anni. É un sistema di pesi e contrappesi che presuppone una scelta politica forte. Le imprese possono licenziare più facilmente i propri dipendenti (questo significa, in buona sostanza, accurata revisione) e modellare così la stessa la forza lavoro sulla base delle esigenze di mercato contigenti. Al contempo, però, i maggiori flussi in uscita avranno dallo Stato più garanzie a fronte della disoccupazione, divenuta così più probabile. Il fatto è che un ammortizzatore simile richiede delle risorse improponibili stante l’attuale condizione economica dell’Italia. Su questo punto molti economisti, tra cui l’ex ministro Damiano, si sono pronunciati recentemente dichiarando l’operazione come infattibile.
L’Europa però taceva, e tace, su tanti altri aspetti specifici, che a sentirne parlare sembrano sempre motivazioni da antipolitica e puro antagonismo. Se si guarda bene, ma bene, e facciamo un piccolo elenco ci accorgiamo che forse c’è qualcosa in più della sola voglia di contestare. E di tutto questo, nella lettera inviata dal Governo a Bruxelles nei giorni scorsi, non si prendono molti impegni in merito.
I rimborsi elettorali sono stati un modo per reintrodurre il finanziamento ai partiti, e costano. I pasti dei nostri parlamentari sono scontati alle mense di Palazzo Madama e Montecitorio, e costano. Il mantenimento complessivo della Camera e del Senato è sempre più gravoso di anno in anno, e costa. Gli stipendi e le indennità di chi alloggia nelle suddette residenze sono alti e aumentano con una progressione che nessun lavoratore, pubblico o privato che sia, si sognerebbe mai, più 10% annuo. Non è solo un aspetto morale, si tratta di denaro, lo stesso denaro che si cerca di racimolare tagliando (razionalizzando è il termine più soft) dal sistema del welfare. Quanti milioni di euro ha in dotazione in fondo per le non autosufficienze secondo voi? Zero.
Anche le scelte disgraziate costano. Chiaramente su quelle, in quanto ormai passate, non si opina mai per imparare a prendere decisioni migliori in futuro. Esempi? Salvataggio Alitalia per amor di patria e orgoglio nazionale verso quegli antipatici francesi di Air France che con la loro società, antipatica pure quella, hanno utili per 613 milioni di euro all’anno mentre, negli ultimi due anni prima del salvataggio, Alitalia ne perdeva 365. Un milione al giorno.
Ricordate eliminazione dell’Ici sulla prima casa? Si inseriva in un contesto nel quale abbiamo “solo” un sistema catastale non aggiornato, vecchio di decenni. Abbiamo una marea di residenze finte (figli che risultano vivere in case di campagna sperdute a 15 km dai genitori, oppure in garage da 10 mq) così si sdoppiano le esenzioni. Poi ai comuni mica lo si rimborsa veramente (come previsto) il mancato gettito, oppure, se il rimborso alla fine avviene, è giusto in ritardo di qualche mese. Qualcuno ha pure cercato di dimostrare che si tratta anche, least but not last, di un’esenzione regressiva, alla faccia della progressività del sistema tributario, art. 53 Cost.
Ah, dato che si parla della Costituzione, parliamo un po’ di lei, soprattutto della sua Parte Prima, Titolo Primo, gli articoli che disciplinano i nostri rapporti civili. Perchè abbiamo pure quelli, non solo quelli economici. Più che mai come in questo periodo, tra crisi e mercati mestruati, in pochi si stracciano le vesti per la progressiva stretta, a mio parere, sulle libertà personali. Libertà necessarie se si vuole che la parte di popolazione, soprattutto giovane, che si sta interessando ai problemi fin ora citati possa realmente essere il cane da guardia della classe politica. Possa far sentire la propria voce su dove non si sta intervenendo o si sta intervenendo in modi ritenuti poco opportuni.
Nell’ambito dei diritti civili, secondo l’Europa, la sovranità dello stato è inviolabile, a differenza dell’ambito puramente economico.
La nostra società, e non solo la nostra, è plasmata da un modo di vedere l’economia (in auge ormai dal dopo guerra) il quale, purtroppo, è diventato anche un modo di intendere le nostre stesse vite. Nella ricorsa al Pil, nello scannarsi sulla crescita attesa dello 0,9% o del 1,1%, in un consumismo esasperato, in piani urbanistici selvaggi, in nuove colate di cemento (salvo poi raccogliere i morti negli androni dei palazzi di Genova), nelle guerre imperialiste, nel produrre automobili come se fossero telefonini, nel pensare al Welfare State semplicemente come un’ anti-individualistica assicurazione sulla vita a beneficio dei perdenti che si sono dimostrati deboli nel competere sul mercato. L’elenco potrebbe continuare…
Nel mio ultimo articolo, all’indomani degli incidenti di Roma del 15 ottobre, avevo già espresso il mio parere su misure restrittive che precludessero manifestazioni e cortei. https://ilglocale.wordpress.com/2011/10/22/prove-di-regime-di-luigi-piga/ 
Era un articolo dove esprimevo preoccupazione. Alemanno è stato di parola: un bel divieto per un mese a manifestare nel centro storico di Roma. Non si capisce bene che senso abbia un provvedimento simile ai fini della tanto acclamata sicurezza. Alla fine del mese di divieto le temute devastazioni, le manifestazioni sovversive o i disagi in generale potranno iniziare nuovamente. Quindi che protezione dà un’ordinanza come questa? Part-time? 
Dove sono i “comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica” per i quali si giustifica il divieto di riunirsi in luogo pubblico? E soprattutto, come fa un’ordinanza simile, nel rispetto della Costituzione, a distinguere le manifestazioni che possono creare problemi di incolumità pubblica da quelle innocue?
Semplicemente non distingue, vieta a priori.
Ad ogni modo, ora si pensa di ricorrere al TAR contro l’ordinanza anti-corteo. Ovviamente solo dopo che 300 liceali sono stati caricati, per aver sfidato l’ordinanza manifestando nel piazzale della stazione Tiburtina, sono stati trattenuti sul posto impedendo loro l’uscita dal piazzale, sono stati infine filtrati dalle forze dell’ordine e schedati con foto e video dalla polizia scientifica (sic!). Alemanno ha dichiarato con la solita disarmante approssimazione: “Ci sono delle regole che tutti debbono rispettare“. Certo, e perchè il merito di queste regole però non viene discusso? Non si spiega cosa si dovrebbe prevenire, da chi dovrebbero proteggere, chi dovrebbero proteggere. Nulla. La regola ormai c’è, punto e basta.
E silenzio, altrimenti vi schedo.
Ma noi, alla fine di questa storiella, siamo sempre un ricco paese dell’occidente sviluppato, mica come quei paesi medio-orientali integralisti e dittatoriali. Attraversiamo solo un piccolo perido di crisi economica dalla quale BCE, UE e FMI ci consiglieranno come venir fuori e noi faremo la nostra parte impegnandoci con delle riforme serie. Una volta fuori dalla recessione, col Pil che risale a tassi che rassicurino i mercati, con la crescita che cresce, saremo nuovamente un’Italia in piena salute.
Ma io ritengo che ci sia dell’altro nel funzionamento di un paese e nelle nostre libertà. Sarebbe ora di capirlo, noi e l’Europa bacchettona. Bacchettona solo su ciò che interessa lei direttamente.
A me spaventa un paese dove mi venga vietato di manifestare a prescidere. Ho anche difficoltà ad esprimermi perchè è un abuso talmente palese che mi disturba immensamente il fatto che il tutto sia percepito in modo così naturale, remissivo.
Ma del resto magari sto esagerando. Mi chiedo: addirittura repressione di diritti fondamentali? In fondo ciò che è accaduto non è nulla di grave e pericoloso perchè, se così realmente fosse, l’UE avrebbe già esortato ad un cambio di rotta, sarebbe intervenuta in modo deciso ma premuroso nell’interesse degli italiani.
 
Già, ma scordo sempre che questi diritti non sono contemplati nè per le logiche di acquisizione del potere nè per il calcolo del Pil.
 

 

Luigi Piga

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